(free) – di Paolo Balmas –
A Roma il 30 novembre 2016, durante la conferenza “Deep Maghreb: insecurity and stability”, organizzata dalla Nato Defense College Foundation, in collaborazione con il Nato Defense College, è intervenuto l’ex Primo Ministro della Libia, Mahmoud Gebril. I dati che ha fornito sul futuro della regione e del suo Paese in particolare, richiedono attenzione.
La Libia, ha detto Gebril, rappresenta un’anomalia, in quanto fra trent’anni avrà una popolazione di appena nove milioni di abitanti, a differenza dei vicini che, invece, saranno molto più popolati, ognuno da decine di milioni di persone. La ricchezza potenziale che può raggiungere la Libia, grazie agli idrocarburi, è chiaramente enorme in rapporto all’esiguo numero di cittadini. Tuttavia, la crescita generale della popolazione africana entro il 2050 genererà circa 200 milioni di persone in movimento verso nord alla ricerca di un lavoro. L’insieme di questi fattori, potrebbe tradursi in una opportunità per la Libia. Ma non se le condizioni in cui versa sussisteranno troppo a lungo.
Oltre a dare una sintetica immagine di ciò che attende il suo Paese nei prossimi anni, Gebril ha avanzato anche qualche proposta concreta per i paesi occidentali che sono realmente intenzionati ad aiutare a ritrovare la strada dell’unità e dello sviluppo economico.
Innanzitutto, l’ex Primo Ministro ha fatto notare che uno dei problemi fondamentali che oggi affligge il popolo libico, per raggiungere un qualsiasi tipo di accordo sul governo del paese, è che persiste una grave diffidenza fra i vari gruppi che lo compongono. La divisione che sembra irrisolvibile ha cominciato a manifestarsi nel 2011, in seguito all’intervento della Nato. Da allora, la situazione non ha fatto altro che irrigidirsi.
Inoltre, ha aggiunto, in Libia (come in tutto il Maghreb e il Sahel), ci sono troppe armi. Ma queste non sono la soluzione per affrontare le varie milizie che operano sul territorio, né sono sufficienti per combattere il terrorismo.
Il problema del Daesh, che ha conquistato terreno anche in Libia, secondo Gebril è che rappresenta il principale datore di lavoro. Non esistono i presupposti per combattere questo fenomeno. E la cosa più preoccupante è che arruolano e coinvolgono in attività illecite, ragazzi dai 15 ai 25 anni.
L’unica soluzione, per Gebril, è nello sviluppo economico. Non si deve solo pensare di accogliere i migranti in altri paesi, bisogna ragionare su come sostenere le loro economie. In Libia esistono tra 26 e 28 città senza la presenza di miliziani e l’ex Primo Ministro si chiede perché non sia possibile partire proprio da qui. La divisione che domina la Libia, inoltre, potrebbe essere superata con la tecnologia.
Tuttavia, Gebril non è entrato nei dettagli (per ovvie ragioni di tempo). Rimane, così, aperto il quesito su quali siano i progetti per definire lo sviluppo economico libico. In qualsiasi caso, data la situazione di instabilità che si protrae nel Paese da cinque anni, ci si chiede se in Occidente ci sia la capacità di raggiungere un accordo (fra occidentali) ed esercitare la volontà di instaurare le basi di un cambiamento e di un nuovo sviluppo economico (che potrebbe in parte venire in aiuto anche sul fronte della crisi migratoria), oppure se non sussiste davvero una visione nuova per il Paese.
– Newsletter Transatlantico N. 81-2016
December 4, 2016
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