Ryan Crocker, che in passato ha ricoperto il ruolo di ambasciatore americano in Libano, Siria, Iraq e Afghanistan, ha ammonito contro la tentazione di un intervento militare americano in Siria, suggerendo che l’Amministrazione Obama punti semplicemente ad un futuro senza Assad, piuttosto che un cambiamento più ampio che porterebbe al potere i gruppi sunniti, che ora prevalgono tra l’opposizione.
Stando a Crocker – che parlava ad una conferenza del Council on Foreign Relations a Washington il 1 maggio – “Compieremmo un grave errore se la nostra politica mirasse a fare saltare il tavolo e provocasse un’ascesa al potere dei Sunniti a Damasco”. Non sarebbe affatto sicuro che un governo sunnita sarebbe migliore di quello di Bashar al-Assad; anzi, l’ex diplomatico teme che un tale raggruppamento potrebbe essere “dominato dal peggio del peggio” degli estremisti religiosi.
Una strategia di questo tipo, cioè di puntare ad un dopo-Assad evitando l’estromissione degli Alawiti in quanto tale, potrebbe anche riscuotere più facilmente il sostegno della Russia e dell’Iran. Crocker ritiene però che sarà difficile, se non impossibile, imporre dall’esterno un fermo al conflitto, che potrebbe andare avanti ancora per molti anni.
Naturalmente l’intervento di Crocker non rappresenta una soluzione ma piuttosto un invito a pensarci bene prima di aumentare il coinvolgimento militare occidentale come richiesto da numerose fazioni interne ed esterne agli Stati Uniti. “Nessun intervento ragionevole da parte nostra potrà migliorare la situazione, ma la potrebbe peggiorare”, ha concluso.
Alla stessa conferenza, Paul Pillar, ex-agente della CIA che ha lavorato all’interno del Consiglio Nazionale di Intelligence ha voluto sottolineare l’importanza di affrontare gli altri conflitti internazionali come l’Iran e l’Ucraina, anche per migliorare le prospettive per la Siria. “Se [l’Amministrazione Obama] riuscirà a concludere l’accordo con l’Iran, allora altre possibilità si apriranno in merito alla Siria”, ha detto.
Ci sono altre voci che in questo momento spingono per aumentare gli aiuti militari ai ribelli o per un intervento diretto da parte degli Stati Uniti. Una di queste è di Anne-Marie Slaughter, ex direttrice di pianificazione politica del Dipartimento di Stato (2009-2011) e ora Presidente della New America Foundation e professore alla Princeton University. Negli ultimi anni Slaughter ha sempre promosso la dottrina del Right to Protect in modo aggressivo, sia dentro che fuori dalle istituzioni.
In un commento pubblicato circa dieci giorni fa, Slaughter afferma che la soluzione alla crisi in Ucraina si trova in parte in Siria: se Obama decidesse di ordinare un attacco militare in Siria allora ci sarebbe un cambiamento di percezione strategica non solo a Damasco ma anche a Mosca e a Pechino. Insomma, per mandare un messaggio alle altre grandi potenze gli Stati Uniti dovrebbero dimostrare che non si limiteranno alla diplomazia, e di essere pronti anche ad utilizzare la forza per mettere pressioni sui suoi rivali. Slaughter arriva perfino a sollevare dei dubbi sulla necessità di evitare a tutti i costi “il rischio di una guerra nucleare”.
Dunque non solo cambiamento di regime in Medio Oriente, ma anche aumento del confronto strategico con la Russia e la Cina. Questi sono gli strateghi che mirano non a rimuovere le cause dei conflitti internazionali, ma a promuoverne di nuovi.
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May 12, 2014
Notizie, Strategia