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Yellen

La Fed e i tassi d’interesse

September 2, 2015

Economia

(free) – di Andrew Spannaus –

Mentre le borse mondiali vivono nuove settimane di passione, incombe sull’orizzonte la decisione della Banca centrale americana in merito ai tassi d’interesse. Di recente il capo della Federal Reserve Janet Yellen ha indicato più volte che entro pochi mesi sarà necessario porre fine al lunghissimo periodo di tassi vicini allo zero. Un aumento dei tassi negli Stati Uniti avrebbe effetti sul credito al consumo attivo e passivo, e potrebbe influenzare non poco le strategie speculative che negli ultimi anni hanno potuto contare su soldi essenzialmente gratis dalle banche centrali.

La motivazione principale per il cambiamento di rotta è che i dati dell’economia americana sembrano positivi: l’occupazione si è ripresa bene e dunque si vuole evitare un’eventuale aumento dell’inflazione. Questa posizione è soggetta a critiche da più parti negli Stati Uniti, in quanto è noto che il tasso di disoccupazione sottovaluta le condizioni reali della forza lavoro. Si escludono dal conteggio i delusi che non cercano costantemente un’occupazione e anche quelli che sono costretti a lavorare poche ore a settimana per mancanza di altre opportunità.

Capita spesso infatti che nonostante un aumento dei nuovi posti in termini assoluti, non diminuisce il tasso di disoccupazione globale, perché i disoccupati a lungo termine ritornano a cercare lavoro e così vengono di nuovo conteggiati nelle statistiche. Dunque si mette in dubbio la tesi di una forte ripresa, criticando l’idea che sia necessario frenare l’economia mentre c’è ancora molta strada da fare per riguadagnare il terreno perso negli ultimi anni.

Dall’altra parte alcuni conservatori si preoccupano degli effetti inflazionistici dei tassi zero. E’ difficile negare come la politica dei soldi facili ha fatto gonfiare i mercati finanziari, accentuando l’effetto leva e moltiplicando le possibilità di carry trading, cioè di prendere in prestito i soldi a poco da una parte e di girarli subito a strumenti con tassi più alti altrove. Gli operatori finanziari occidentali ne hanno fatto largo uso negli ultimi anni.

Si sono infatti create delle grosse bolle in numerosi settori, ma tendono ad essere confinate all’economia finanziaria mentre il credito per l’economia reale rimane ristretto. Dunque parlare di un aumento dei tassi sembra una strategia calibrata solo sul settore finanziario, senza considerare le necessità di famiglie e imprese ancora in difficoltà.

La decisione della Fed ha acquisito un’importanza che normalmente non dovrebbe avere. Con l’indipendenza delle banche centrali e l’adozione da parte dei governi dei continui tagli al bilancio, è diventato sempre più difficile stimolare l’economia in modo efficace. Gli strumenti in mano alle istituzioni pubbliche sono molto limitate, e dunque la politica monetaria risulta dominante.

Colpisce infatti che uno dei nuovi argomenti utilizzati a favore di un aumento dei tassi a breve è che nella situazione attuale la Fed non sarebbe in grado di rispondere in modo deciso ad una nuova crisi acuta. Se i tassi fossero ancora a zero mancherebbe un’arma fondamentale. Allora si chiede di ritornare alla normalità – nonostante la debolezza della congiuntura attuale – per poter ripartire con lo stesso ciclo in caso di emergenza nel prossimo futuro.

– Newsletter Transatlantico N. 64-2015

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