(free) – di Paolo Balmas –
Il conflitto in Yemen dimostra quanto sia complessa la realtà rispetto alla semplicistica visione di scontro fra civiltà indotta più o meno volontariamente dal sistema mediatico di molti paesi. La situazione di Sana’a è talmente controversa che non può essere trattata da un unico punto di vista.
Innanzitutto, lo scontro interno al mondo musulmano fra sunniti e sciiti è certamente un modo per spiegare il conflitto da un punto di vista storico, religioso, culturale. Si è detto spesso, ultimamente, che il Grande Medio Oriente vive una complessa guerra di religione paragonabile alla seicentesca ed europea Guerra dei Trent’anni. Sebbene sia affascinante e per quanto sia vera questa affermazione, non è sufficiente a offrire un quadro completo.
Lo scontro fra sciiti e sunniti, prima di tutto, non è una novità. Inoltre, la sfera sunnita è suddivisa in correnti che almeno in teoria sono in conflitto anche fra di loro. Il fatto che a nord lo Stato islamico abbia creato una rottura dell’asse sciita che unisce l’Iran al Mediterraneo e che nel sud si combatte in un Paese che controlla uno degli stretti più importanti per il controllo del commercio mondiale, quello di Bab el-Mandeb, lascia pensare che dietro le quinte dell’odio religioso ci sia molto di più.
Sicuramente, il sentimento incendiato dalla propria dottrina di appartenenza è un motore potente per spostare intere popolazioni e incitare alla violenza. Ma la prospettiva che si affaccia sul futuro del mercato, in particolare energetico, offre una motivazione per spostare migliaia di tonnellate di armi e ora anche gli eserciti.
La decisione di Riyadh di creare una coalizione per sconfiggere il movimento sciita zaidista dello Yemen, il cui braccio armato è guidato da Abdul-Malik al-Houthi (da cui il nome del movimento), non ha solo l’obiettivo di rimettere al potere un governo legittimo sunnita. La determinazione saudita ha come ultimo scopo quello di mantenere il ruolo di leader del mondo arabo. Ciò passa per il contenimento dell’Iran. Ma anche per la creazione di un’Alleanza militare sunnita, una sorta di Nato araba.
Per quanto in Europa ci si ritenga alleati delle nazioni del Consiglio di Cooperazione del Golfo, un’alleanza militare mediorientale non potrebbe che porsi in opposizione all’Alleanza atlantica in una visone a lungo termine. Prima di tutto perché molti paesi europei intrattengono rapporti importanti anche con paesi sciiti. Secondo, e chiaramente più importante, i nemici attuali dell’Occidente, ovvero lo Stato islamico e al-Qaeda, si sono mostrati entrambi alleati della coalizione guidata da Riyadh. La vittoria sunnita nello Yemen non potrebbe mai ignorare la presenza sul territorio di al-Qaeda e le incursioni dei droni statunitensi forse non saranno più sufficienti a contenerne la diffusione.
In una prospettiva futura, infine, l’ipotetico scontro fra un’alleanza a guida saudita e un’alleanza europea sarebbe disastroso per l’Unione Europea. In Europa è presente già la base per la creazione di una rete clandestina troppo difficile da controllare. Il sistema di arruolamento di al-Qaeda e ancor di più dell’Isis ne sono la prova.
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April 13, 2015
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