(free) – di Paolo Balmas –
La Bulgaria è appena uscita dalle elezioni politiche del 5 ottobre 2014 (seconde elezioni anticipate in diciotto mesi) che si sono concluse con la vittoria del Gerb, il partito di centro-destra Cittadini per lo Sviluppo europeo. Il Gerb ha conquistato circa novanta poltrone (su 240) nel parlamento di Sofia. I due grandi rivali, il Partito socialista e il Movimento turco per i Diritti e le Libertà, si sono aggiudicati tra le 70 e le 80 poltrone ciascuno. In tutto sono otto le forze politiche che hanno superato il limite di sbarramento. Il risultato, come avvenuto in altri Paesi europei in questi ultimi mesi, non rende la nazione facilmente governabile e, anche qui, una soluzione per le larghe intese sembra essere l’unica via per la stabilità.
Sullo sfondo, inoltre, a rendere più difficile il lavoro dei partiti e del futuro governo, si impone lo spettro di South Stream, l’arteria di Gazprom (in collaborazione con altri operatori del settore fra cui Eni), che dovrebbe portare ulteriore gas russo in Bulgaria e in Europa occidentale. La questione si presenta in tutta la sua forza poiché le posizioni dei partiti divergono su tale argomento: il Gerb è a favore di South Stream, mentre i socialisti sono fortemente contrari.
La situazione in cui versa ora il progetto impone di parlarne al condizionale, visto che in tutti i modi gli oppositori di Mosca, da quando è esplosa la crisi in Ucraina, hanno tra i principali obiettivi la sua chiusura, o per lo meno un rallentamento strategico.
La Bulgaria si trova in una condizione di diretta dipendenza da Mosca per la fornitura di gas. Infatti, circa l’85% del consumo dipende da un gasdotto che parte dalla Russia e passa per l’Ucraina. Anche per quanto riguarda il greggio, la situazione non è molto differente. Sul territorio è presente una sola raffineria che è gestita dalla russa Lukoil e che produce il 60% del carburante consumato. Il greggio giunge da un porto ucraino. Persino il propellente per le centrali nucleari arriva dall’Ucraina. La Bulgaria, infine, possiede un solo centro di raccolta per le riserve di gas naturale. Tutto ciò rende molto vulnerabile il complesso energetico del Paese.
In poche parole, la Bulgaria è particolarmente suscettibile agli effetti della guerra geoeconomica in atto fra Russia e Occidente e costituisce un luogo a rischio di destabilizzazione.
Durante la campagna elettorale il leader di Gerb, l’ex primo ministro Boyko Borisov, ha promesso di portare avanti il progetto di South Stream, se l’Unione Europea si dichiarerà favorevole alla posizione proposta dai legislatori bulgari. L’Ue, infatti, si era mostrata contraria ai lavori in quanto non rispetterebbero le normative di Bruxelles sulla competitività. Gerb con l’aiuto dei legali di Gazprom ha trovato il modo di far rientrare il progetto in un quadro di sviluppo infrastrutturale secondo cui il gasdotto risulterebbe un nuovo ramo della rete già esistente, piuttosto che considerarlo come sviluppato in modo totalmente indipendente.
La Bulgaria rimane ancora oggi il paese più povero dell’Unione Europea e, per questo motivo, riceverà i maggiori finanziamenti per lo sviluppo. La condizione economica ha favorito gli investimenti di importanti firme internazionali. Ad esempio, nel 2013, la Coca-Cola Corporation ha spostato a Sofia il proprio quartier generale.
La situazione politica è delicata: da un lato vi è la difficoltà dei partiti per creare un governo stabile capace di portare a termine le riforme e i progetti di cui ha bisogno il Paese; dall’altro la popolazione perde progressivamente la fiducia nella classe politica che non si mostra capace di incontrare le sue esigenze.
October 22, 2014
Notizie, Strategia