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Rouhani_in_Astrakhan,_29_September_2014

Gli interventi dell’Iran in Medio Oriente

September 17, 2015

Notizie, Strategia

(free) – di Andrew Spannaus –

L’accordo sul programma nucleare iraniano stipulato a luglio di quest’anno sembra destinato a sopravvivere nel Congresso americano – come previsto – e dunque di entrare in vigore tra breve. L’adozione formale è fissata per il 19 ottobre e da quella data le parti cominceranno ad adempiere ai relativi obblighi.

Mentre sono evidenti i vantaggi che riguardano il programma nucleare in senso stretto, gli effetti della rimozione delle sanzioni sono oggetto di un dibattito politico più ampio: chi continua a vedere l’asse sunnita guidato dall’Arabia Saudita come l’interlocutore privilegiato dell’Occidente nel Medio Oriente si preoccupa che nel prossimo futuro l’Iran potrà allargare la propria influenza nella regione. La Repubblica islamica si aspetta benefici significativi per l’economia sia dalla liberazione di fondi ora congelati all’estero sia grazie a nuove relazioni commerciali.

Coloro che sono contrari ad un ruolo più forte dell’Iran affermano che queste risorse non potranno che spingere il paese ad aumentare i propri interventi, dalla Siria all’Iraq allo Yemen.

Tuttavia, all’interno dell’élite iraniana comincia a farsi strada un’altra visione del futuro. Sta emergendo un campo a favore dell’impegno minimo all’estero, secondo Nasser Hadian, professore di scienze politiche all’Università di Teheran vicino al governo del Presidente Rouhani. In un articolo scritto per Al-Monitor l’analista Barbara Slavin parla di un nuovo gruppo trasversale che include persone importanti in tutti i settori delle istituzioni; per ora però hanno scelto di non fare una campagna pubblica sulla questione.

Secondo questi personaggi l’Iran ha già troppi impegni fuori casa e rischia anche di diventare un bersaglio degli attacchi dell’Isis a causa del suo convincimento nella guerra contro il gruppo in Iraq e in Siria. Si propone di limitare le attività a quelle solo difensive e anche di spingere gli Houthi a cercare un accordo negoziato con i sauditi nello Yemen.

Se dovesse crescere questa visione dentro il Governo non solo l’Iran potrebbe svolgere un ruolo collaborativo in ricerca di soluzioni negoziate ai conflitti della regione, ma diventerebbe più facile per i fautori del riavvicinamento con l’Iran presentare il paese come una forza stabilizzatrice nella regione. Secondo Ali Larijani, presidente del Parlamento iraniano, chi solleva preoccupazioni sulla destabilizzazione del Medio Oriente a causa della rimozione delle sanzioni cerca semplicemente un pretesto per opporsi all’accordo. Ora la priorità per il paese dovrebbe essere lo sviluppo economico.

Non si tratta ancora della visione dominante, naturalmente, e ci vorrà tempo per capire chi prevarrà. Uno degli argomenti principali contro un ritiro dal conflitto in Iraq e Siria è che da parte degli Stati Uniti, che avrebbero i mezzi per sconfiggere lo Stato islamico, manca la volontà politica di portare avanti la battaglia a livello militare.

– Newsletter Transatlantico N. 68-2015

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