– di Andrew Spannaus –
Il futuro della moneta unica europea sembra un po’ meno stabile oggi, dopo gli eventi delle ultime settimane: continua il braccio di ferro con la Grecia, che non esita a minacciare il default nei negoziati con le istituzioni sovranazionali, e i risultati delle elezioni in Spagna e in Polonia hanno visto avanzare le forze critiche verso la politica economica dell’UE.
Tra l’Europa e la Grecia si alternano le dichiarazioni rigide e le rassicurazioni, ma dietro le quinte si comincia a parlare di più della possibilità di un’uscita dall’Euro, o almeno della creazione di una moneta parallela che circolerebbe all’interno del paese, mentre rimarrebbe l’Euro per gli scambi internazionali.
Queste voci, messe in giro anche per fare pressioni sulla Grecia, rappresentano comunque una presa di coscienza in merito all’impossibilità di riconciliare la politica economica europea – basata ancora sui parametri di bilancio e di conseguenza sull’austerità per chi non li rispetta – con le necessità dei paesi che hanno sofferto di più la crisi degli ultimi anni.
A parole tutti ammettono che non si può andare avanti con la politica di austerità, ma nei fatti non si è disposti a cambiare strada, perché rappresenterebbe una smentita della base teorica e pratica dell’Euro. Cioè, fare un’eccezione per un paese come la Grecia significherebbe ammettere che la ricetta propugnata dalla Troika negli ultimi anni, che costituisce la base essenziale della politica europea dagli anni Novanta in poi, è fallita. Una tale ammissione aprirebbe le porte al caos – almeno agli occhi dei detentori dell’ortodossia a Francoforte e a Bruxelles – e numerosi paesi invocherebbero politiche di espansione e di intervento pubblico: la fine del sogno tecnocratico di eliminare la sovranità nazionale e gestire l’economia attraverso i mercati finanziari.
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May 27, 2015
Economia, Politica